LÙSIGNIS. NEI BORGHI DI PASOLINI
Nell’articolo intitolato "Il vuoto del potere" ovvero "l'articolo delle lucciole", pubblicato sul Corriere della Sera il 1° febbraio 1975, Pier Paolo Pasolini si cimenta in una straordinaria descrizione del processo di trasformazione dell’Italia dall’immediato dopoguerra ai suoi giorni: “Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c'erano più. Quel "qualcosa" che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque "scomparsa delle lucciole". Dopo di che gli italiani “sono diventati in pochi anni (specie nel centro-sud) un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo. Ma, naturalmente, per capire i cambiamenti della gente, bisogna amarla. Io, purtroppo, questa gente italiana, l'avevo amata: sia al di fuori degli schemi del potere (anzi, in opposizione disperata a essi), sia al di fuori degli schemi populisti e umanitari. Si trattava di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ho visto dunque "coi miei sensi" il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiani, fino a una irreversibile degradazione”.
Cosa sono dunque le lucciole? La definizione - nelle parole dello scrittore casarsese - spazia infatti tra le sorgenti della cultura popolare e un sistema di pensiero ormai scomparso. Ritrovare le lucciole (“Lùsignis”) nei borghi di Pasolini, vuol dire recuperare la propria capacità di sentire e condividere valori sopiti, ma non dimenticati, perché “il compito che incombe su di noi oggi sarebbe dunque questo: rifuggire la luce dei riflettori per andare a cercare, nella notte, dove ancora sopravvivono - e si amano - le lucciole”.